I farmaci a base di acido ossalico ottengono la massima efficacia in estate soltanto se accoppiati a manipolazioni che consentano il raggiungimento di una condizione di assenza di covata.
Ma qual è l’impatto di due popolari biotecniche (ingabbiamento della regina e asportazione di covata), utilizzate allo scopo, sullo stato nutrizionale e sulla successiva capacità di invernamento della colonia? La risposta a questo quesito è stata ricercata con il lavoro congiunto di CREA-AA e DIMEVET, tramite la misurazione di biomarcatori presenti nell’emolinfa ovvero proteine totali (TP) , vitellogenina (VG), and apolipoforina (APO). Lo studio completo, che viene qui sintetizzato, è disponibile all’indirizzo: https://rdcu.be/4uXy
Introduzione
I biomarcatori sono utilizzati ormai in maniera routinaria nella valutazione dello stato di salute, nella diagnosi di malattia e nel monitoraggio di terapie in umani e animali (Myers et al., 2017).
Il loro utilizzo è tuttavia assente in apidologia e solo poche molecole sono state ad oggi proposte.
Tra queste, la vitellogenina è sicuramente la più studiata; essa è la principale proteina dell’emolinfa nelle api adulte (Amdam et al., 2003) ed è un ottimo strumento per la valutazione dello stato nutrizionale in quanto correla con quantità (Basualdo et al., 2013; Bitondi and Simões, 1996) e qualità (Cremonez et al., 1998) delle proteine nella dieta. Data l’elevatissima correlazione positiva tra vitellogenina nell’emolinfa e proteine totali, anche queste possono essere utilizzate allo scopo e ben correlano con la qualità delle proteine somministrate alle api (De Jong, 2009).
In particolare, la valutazione dello stato nutrizionale della colonia è di importanza fondamentale nella fase di invernamento, in modo da consentire a questa la sopravvivenza fino alla primavera successiva. È cosa nota come, nei climi temperati, le api presentino due fenotipi distinti: uno “a vita breve” (25-35 giorni), caratteristico della stagione attiva e uno “a vita lunga” (fino ad oltre 6 mesi) caratteristico della stagione autunno/invernale. La maggiore longevità delle api invernali è da ricercarsi proprio nel loro migliore stato nutrizionale, evidenziato dall’elevata concentrazione di proteine nell’emolinfa (principalmente vitellogenina) (Amdam et al., 2004; Fluri et al., 1982, 1977).
Il fenotipo invernale può essere ottenuto anche in stagione attiva costringendo la colonia a interrompere la deposizione, ad esempio ingabbiando la regina, proprio come si fa per il controllo della varroa in estate (Amdam et al., 2004; Fluri et al., 1982, 1977; Maurizio, 1950).
L’assenza di covata è infatti un prerequisito per l’ottenimento della massima efficacia acaricida quando si utilizzano farmaci a base di acido ossalico.
Recentemente Gregorc et al. (2017) ha studiato l’efficacia di blocco di covata e asportazione di covata, ma molto poco si sa ad oggi dell’impatto che queste tecniche hanno sullo stato nutrizionale della colonia e sulla capacità di invernamento.
Lo scopo del lavoro è dunque di studiare questi effetti attraverso un panel di biomarcatori: proteinte totali (TP) , vitellogenina (VG), and apolipoforina (APO).
Materiali e metodi
Campo
Per la prova sono state selezionate 10 colonie, omogenee per quanto riguarda popolazione e anamnesi, situate in un apiario della provincia di Bologna. 5 di queste sono state assegnate in maniera random al gruppo destinato a subire blocco di covata (BI), mentre le rimanenti sono state assegnate al gruppo destinato all’asportazione di covata (BR).
Al giorno 0 le regine delle colonie del gruppo BI sono state confinate in gabbietta Var-Control ®, mentre le altre sono state suddivise secondo il criterio descritto di seguito.
I telai di covata del gruppo BR sono stati separati dalla colonia originale e utilizzati per la creazione dei nuclei; un limitato numero di api (circa 700 per telaio) è stato lasciato sui telai per accudire la covata. Da ogni colonia del gruppo BR sono quindi derivati due sottogruppi: il ceppo (BR-oc) formato da api adulte, regina e telai senza covata; e il nucleo (BR-n) formato da un numero limitato di adulti e i telai contenenti covata. Il trattamento acaricida a base di acido ossalico è stato effettuato con API-Bioxal (secondo le indicazioni del produttore) al giorno 5 per i ceppi, mentre al giorno 25 per nuclei e famiglie ingabbiate. Gli acari caduti a seguito del trattamento sono stati contati mediante l’utilizzo di fogli diagnostici adesivi. Al T0(luglio, subito prima delle manipolazioni), T1 (25 giorni dopo le manipolazioni) e T2 (dicembre, colonie invernate) da ogni famiglia sono state prelevate le api per le valutazioni sull’emolinfa. Trenta api sono state raccolte nello spazio tra l’ultimo favo di covata e le scorte, come suggerito dal lavoro di van der Steen et al., (2016); successivamente sono state narcotizzate con CO2 e sottoposte al prelievo di emolinfa tramite un microcapillare di vetro, inserito tra il quarto e il quinto tergite addominale. Al T0 e al T2 le colonie sono state inoltre sottoposte a controllo funzionale utilizzando il cosiddetto “metodo dei sesti”.
Laboratorio
Le proteine totali nell’emolinfa sono state quantificate con la metodica di Bradford.
La separazione elettroforetica è stata effettuata in SDS-PAGE, colorando poi i gel con blu di Coomassie. Questi sono poi stati analizzati con il software ChemiDocTMMP (BioRad) per la quantificazione del volume delle diverse bande.
L’identificazione delle proteine è stata effettuata mediante spettrometria di massa sulle bande escisse dai gel.
Risultati e Discussione
Al T1, ovvero 25 giorni dopo l’applicazione delle procedure, si è evidenziato una differenza significativa nello stato nutrizionale delle colonie dei diversi gruppi: quelle del gruppo BI possedevano una concentrazione di proteine totali (TP) e vitellogenina (VG) nell’emolinfa, superiori a quelle degli altri due gruppi. La vitellogenina è una proteina multifunzionale, coinvolta nel trasporto di lipidi, nella funzione immunitaria, nella longevità e nella produzione di gelatina reale (Blacklock and Ryan 1994; Amdam et al. 2004a; Havukainen et al. 2013). Questa ultima caratteristica, in particolare, potrebbe spiegare l’accumulo di questa proteina in api costrette a ridurre l’accudimento di covata. Infatti questo accumulo si è manifestato in maniera superiore nei gruppi BI e BR-n rispetto al gruppo BR-oc dove la deposizione è continuata durante tutta l’estate.
Interessante notare come solo il gruppo BI abbia raggiunto concentrazioni di proteine e vitellogenina simili a quelle caratteristiche delle api invernali.
Ciò che avviene durante il blocco di covata rassomiglia probabilmente a ciò che avviene fisiologicamente in autunno nelle zone temperate, ove la scarsità di fonti di nutrimento provoca l’interruzione della deposizione e le operaie sono quindi capaci di accumulare proteine nei loro corpi grassi (Fluri et al., 1982).
Considerato che l’accumulo di vitellogenina promuove la longevità (Amdam et al 2005) e che la longevità è un fattore fondamentale nella popolosità delle colonie, è possibile che la perdita di ovodeposizione indotta dal blocco sia compensata, almeno in parte, dall’aumento di longevità.
Altra differenza riscontrata tra i gruppi è quella riguardante la apolipoforina (APO), la sua proporzione al T1 si è dimostrata significativamente superiore nei gruppi BR-n e BR-oc rispetto a quella del gruppo BI. La funzione di questa macromolecola è connessa alla mobilitazione dei lipidi (Robbs et al. 1985), è infatti capace di trasportarli dal corpo grasso ai tessuti e dall’emolinfa al corpo grasso. La superiore mobilitazione lipidica nei gruppi BR-n e BR-oc potrebbe essere ascrivibile ad uno stress nutrizionale: infatti BR-n subisce la deplezione della maggior parte delle api adulte con le loro riserve interne e parte delle riserve di miele e polline, contenute principalmente nei favi lasciati a BR-oc; quest’ultimo d’altra parte è privato dei favi di covata (contenenti api a diverso stadio di sviluppo in cui è stato compiuto un elevato investimento energetico) e della cera con cui essi sono stati costruiti.
Uno stato nutrizionale inadeguato non rappresenta un problema soltanto in vista dell’invernamento ma piò rappresentarlo anche nell’immediato. Esiste infatti una stretta relazione tra capacità immunitaria e stato nutrizionale (Münch et al. 2013). A titolo d’esempio Basualdo et al., (2014) ha dimostrato che l’alimentazione con pane d’api promuoveva un aumento delle proteine circolanti superiore a quello dato da alcuni sostituit proteici e contemporaneamente anche una maggiore sopravvivenza all’infezione da Nosema ceranae.
Al T2, non si sono rilevate differenze a livello proteomico tra i gruppi, segno che le api hanno compiuto la transizione al fenotipo invernale indipendentemente dal trattamento subito. Le colonie del gruppo BR-oc si sono dimostrate però significativamente meno popolate (popolazione media di 5000 api) rispetto a quelle del gruppo BI (mediamente 11000 api) e BR-n (mediamente 8000 api). Popolazioni così ridotte hanno dimostrato una minore capacità di termoregolazione e un peggior uso delle riserve nell’esperimento di Harbo (1983).
Conclusioni
In conclusione, il panel di biomarker utilizzato nello studio ha permesso di mettere in evidenza un maggiore stress in estate nelle colonie sottoposte all’asportazione di covata e un maggiore rischio di perdite nell’affrontare l’inverno. L’effetto negativo potrebbe essere mitigato tramite l’uso di nutrizione supplementare, ma evidenze scientifiche a favore della nutrizione proteica negli alveari ad oggi mancano.
Inoltre il miglior stato nutrizionale delle colonie sottoposte a blocco di covata in estate merita ulteriore attenzione per eventualmente confermare i supposti benefici in termini di resilienza ai patogeni.
Bibliografia
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